Le Tavole di San Giuseppe. Riccia (CB)
Schedule
Sun Mar 19 2023 at 12:00 pm
Location
Comune di Riccia | Lucera, AP
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La tradizione della festa di San Giuseppe a Riccia è molto sentita. Nei giorni precedenti il 19 marzo è tutto un viavai di donne indaffarate che si spostano tra le diverse abitazioni di parenti e vicine di casa e che aiutano e intervengono attivamente nella preparazione di una festa della quale, più delle altre, si avverte l'approssimarsi nei profumi che si diffondono dalle cucine.In genere, alcuni giorni prima nelle case di chi svolge la festa vengono allestiti degli altarini con una immagine del santo. Nelle famiglie dove ancora resistono marcate caratteristiche penitenziali la padrona di casa, o l'intero nucleo familiare, osserva nei sette mercoledì prima del 19 marzo uno stretto regime alimentare, non mangiando assolutamente carne. Il pranzo offerto agli ospiti e alla Sacra famiglia, impersonata da un uomo sposato (il San Giuseppe), da una donna celibe o nubile (la Madonna) e da un giovane non sposato (il Bambino) è generalmente di magro, detto di scàmpere. Le pietanze servite sono in numero variabile da 13 a 19. Prima dell'inizio del banchetto vengono recitate in ginocchio alcune preghiere, in genere le sette allegrezze, e poi, seduti a tavola, viene passato tra i presenti il primo bicchiere di vino ed il primo pezzo di pane che tutti i commensali devono assaggiare rigorosamente dopo i “santi”. A servire è la padrona di casa, anticamente scalza, aiutata in genere dalle figlie, che non partecipa però al convito, e non siede neppure nella stessa tavola dei santi.
Gli alimenti sono quelli della cucina povera: il pane, per cominciare, che si ritrova "smollicato" nei maccheroni, come ripieno nei peperoni, e ancora nel baccalà e nei cavolfiori arracanati. I legumi, ceci, fagioli, lenticchie, conditi con olio extravergine di frantoio e segno di augurio e di abbondanza. Il baccalà, dalle sapidi carni, cucinato in tanti modi. Infine, i dolci, simbolo di agiatezza: riso con il latte e spolverata di cannella; agrodolce: denso impasto di mandorle e mosto cotto; biscotto con le uova da inzuppare nel robusto vino casalingo; e….cavezune: l'espressione più alta e commovente della genialità gastronomica affinata generazione dopo generazione. Ci sono in verità tante altre pietanze e, anche, le solite distorsioni consumistiche contemporanee dimentiche del tempo di Quaresima. La festa non più di magro (càmpere) e non più legata alla preparazione e al consumo di questi specifici prodotti diventa un momento festivo come altri, un modo di stare insieme convivialmente, che nulla toglie alla devozione verso il santo, ma molto al rispetto della tradizione.
Terminato il lungo pranzo si recitano di nuovo le preghiere e viene offerto ai "Santi" un cesto contente una pagnotta di pane, un assaggio delle pietanze servite e un numero dispari di cavezune. Successivamente inizia il via vai tra le abitazioni di persone, con profumati cartocci in mano che recano la consueta "devozione" ad amici e parenti.
Negli anni passati erano numerosi i forestieri che aspettavano l’occasione della festa per bussare di casa in casa e riempire il proprio sacco di ogni offerta ricevuta.
Fonte: http://www.prolocoriccia.it/it/turismo/san-giuseppe.html
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